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E’ più ricco il denaro o l’opera d’arte? (di Claudio Parrini)

E' più ricco il denaro o l'opera d'arte?

(un punto critico nel valore-processo e nell'aspetto transitivo dell'oggetto d'arte rispetto al denaro)

Tratto da studi su “Pittura di consumo” (2010-14); Parte sul DENARO

Questo scritto, assieme ad altri, è frutto di esami ed osservazioni più ampie ed approfondite, che sto portando avanti da anni, sul tema arte-economia-sopravvivenza.

Varie potenzialità e variabili nell'utilizzo del denaro nell'arte contemporanea

Lieve premessa: non scriverò sulla nascita della moneta, delle forme di denaro, della loro evoluzioni, passate, presenti e future-prossime, la letteratura è così autorevole e immensa che non è il caso di intrufolarcisi.

La possibilità di scelta che ci offre il denaro, nella sua in-concretezza rispetto allo scambio in natura, è che può elevare alla massima potenza il proprio valore aggiuntivo. Il denaro è completamente libero sotto l'aspetto della disponibilità e facoltà di scelta, altresì della decisione del momento in cui spenderlo. Occorre annotare alcune varianti sul mutamento provvisorio del valore del denaro a seconda di diversi elementi e fattori. Prendiamo ad esempio due acquisti, uno di frutta fuori stagione e l'altro di mattoni. La frutta ha sicuramente un valore in potenza molto alto rispetto al mattone: la sua rarità esotica, la possibilità di un consumo in caso di bisogno in cui la stagione non offre in natura quel frutto, eccetera. Il mattone ha un valore minore, non perché non valga niente di per sé, ma perché si può trovare in qualsiasi paese e periodo dell'anno e poi l'uso è destinato al momento che decidiamo di costruire unaa casa, che poi mattone su mattone acquisterà un valore iper-maggiore rispetto alla frutta, non tanto come casa di per sé, quanto all'unità singola: un kilo di ciliegie fuori stagione e un mattone. Nell'arte contemporanea il valore del denaro come può essere decifrato, codificato e calmierato, seguendo l'esempio sopra? Io acquisto un piccolo lavoro di un giovane artista che è in voga, e con lo stesso prezzo potrei comprare un buon dipinto qualsiasi di un artista vecchio abbastanza conosciuto ed apprezzato. Sulla durabilità (deperibilità) delle opere d'arte contemporanea, occorrerebbe fare uno studio ad hoc, limitiamoci a registrare che molti artisti di oggi, vuoi per poetiche personali, vuoi per moda, vuoi per giochi di mercato, vuoi per comunicare un “sentire comune”, vuoi per cialtroneria... spesso non si preoccupano del rapporto dell'opera d'arte con il tempo. Forse l'esempio più chiaro e tondo, ci viene dalla cosiddetta scultura monumentale pubblica contemporanea, basta leggersi due articoli su giornali dove si denunciano malfunzionamenti, rumori fastidiosi, crolli (sicuramente poi voluti dall'artista, naturale...). Poi pensiamo a certi lavori realizzati con materiali altamente deteriorabili con il tempo, pensiamo al video -dal super8, al Betacam, VHS, digitale in genere, eccetera; c'è sempre la paura della perdita non solo della qualità ma della morte vera e propria dell'opera. Nell'arte concettuale, spesso non rimangono oggetti oppure restano opere che si disintegrano (volutamente dall'autore), pensiamo alla performance, a certa arte relazionale e compartecipativa. Bene, l'arte contemporanea allora, forse per motivazioni teoriche o scollamenti, annullamenti e nascite di categorie, si sposta, si accoda, si innesta, si innerva, la parola giusta che non vorrei dire “si contamina”, con il teatro, il cinema, la musica, la moda, la filosofia e altre scienze umane, la tivù, il design, eccetera. Ma i risultati sono evidentemente troppo ambigui, ibridati male, scarichi di energia e appunto il più delle volte desolanti. Questa manifestazione, questo fenomeno economico sociale non accade (se accade influisce non più di tanto) nella compravendita, sempre in denaro, di un “semplice” quadro o di una “ben fatta” scultura: belli o brutti che siano il valore in denaro rimarrà tutt'al più lo stesso. Quindi con l'arte contemporanea il denaro ha varie “mosse” da poter fare in potenza, ha più carte da giocare (almeno che non abbiamo a che fare con artisti di stra-fama internazionale). La prima cosa da prendere in considerazione, la più banale è il materiale con cui l'opera è prodotta e la sua durabilità nel tempo, fattore che nella storia dell'arte è ben delineato, formalizzato e studiato in continuazione. Si pensi ad Apelle, IV sec. A C, dove la sua preoccupazione di realizzare ricette conservative delle opere era messa in primo piano; Plinio chiama “atramentum” la famosa vernice nera (si pensa forse a base di sandracca e bitume) di Apelle. Questa vernice formava una patina scura che la proteggeva da agenti esterni, molti studiosi (secondo me troppo con taglio troppo letterario) affermano che veniva usata per rendere il colore meno vivace -questo nel Rinascimento sì, è certo non che veniva usata la ricetta di Apelle ma che si usavano sostanze e vernici bituminose per le lavorazioni del quadro sì (vedi Raffaello, Leonardo ed altri), ma ai tempi di Apelle? La ricetta è andata persa dopo la sua morte.

Il denaro misero quanto l'arte ricca

Mi sembra opportuno affrontare questa specie di antinomia, o meglio di paradosso, partendo dal descrivere alcune forme di denaro attuali. La moneta di metallo o cartacea: anche, in qualche modo, ben fatta esteticamente, con cesellature raffinate, disegni particolareggiati e pregevoli, immagini di grandi personaggi od opere d'arte famose, colori ricercati, eccetera (escluse le monete spesso in oro o argento da collezione o investimento, che rientrano in un altra classificazione); la moneta immateriale: tutti i tipi, varianti, e “fauna” di carte di credito, insieme alla loro interfaccia con la macchina, dai siti web ai “totem” pubblici, realizzazioni certamente belle e funzionali... anche sulle stesse carte di credito (che ricordo sono “tagliate” su misura della sezione aurea, tanto per rimanere sul ricercato, spesso usano grafiche di ultima generazione con studi approfonditi sull'immagine) circola un'estetica contemporanea artistica, non solo puramente funzionale. Se l'arte rappresenta nel suo intrinseco la “libertà”, e quindi la potenziale espressione della libertà personale dell'uomo il denaro si presenta come trasmettitore delle relazioni anti-individuali. Quindi l'arte è libera il denaro no! Sempre rimanendo nell'immateriale occorre ricordare sistemi-piattaforme-dispositivi monetari: dalle stesse banche online a strumenti come Pay-Pal, Skrill, Payza, etc. il nostrano Poste-Pay oppure i trasferimenti di denaro money transfer come per esempio Western Union. Poi l'insieme del corollario delle criptomonete con il loro ormai “padre” Bitcoin, (anche se la dimensione è molto più numerosa ed aperta). Il denaro, però anche se “bello” e affascinante, nelle sue diverse forme rimane pur sempre una forma “vuota”. Questo vuoto inteso come, allo stesso tempo possibilità infinitesimale e assoluta da una parte, e nulla dall'altra (non per questo all'avaro il denaro non deve dare altro che il puro possesso). Una forma di astrattezza, anodina, fredda, quasi grottesca, forse il termine più adatto è miserevole, povero di energia soggettiva, in ultimo: il denaro è misero. Nonostante questo, nonostante la sua tristezza (rispetto, per dire, ad una pietra preziosa) il denaro rimale “l'oggetto” per metter in comunicazione, per soddisfare i nostri desideri. Arrivando a prendere in considerazione l'arte, possiamo anticipare che il denaro in quanto analgesico alla forma, quasi privo di vita, lo si può benissimo considerare come un “tritaforma”, un tremendo alligatore che stritola la forma.

Il teschio di diamanti di Damien Hirst e un disegno di Giorgio Morandi

Se l'arte rappresenta nel suo intriseco la “libertà”, e quindi la potenziale espressione della libertà personale dell'uomo, il denaro si presenta come trasmettitore delle relazioni anti-individuali. Quindi l'arte va verso la libertà! il denaro no! Come a dire che con il denaro, per dirla con Spinoza si può fare di tutte le cose un compendio, si può comprare tutto. Ma non “fare” un'opera d'arte. L'opera d'arte inizia da un'anima da una poetica dell'artista; l'artista cerca il materiale a lui più consono, ma c'è un estremo un limite che non permette anche con i vari materiali a realizzare l'aspirazione dell'animo dell'artista. Egli cerca di fare il possibile con i mezzi disponibili nel mondo dei materiali; questo aspetto può essere interpretato come una limitatezza alla libertà privata-individuale, ma in realtà non è così: c'è un momento, un punto di “rottura” nel realizzare un'opera d'arte, -un “manque” direbbe Derrida- che qualsiasi materiale non riuscirebbe ad evitare, tale rottura tale mancato. Il denaro, con il quale in pratica, si può ottenere tutti i materiali possibili, per dare vita ad un'opera, comporre energia con la stessa, si pone sopra questo limite, non supera l'ostacolo; Il denaro purché immateriale, (ridotto addirittura a puri numeri che circolano in digitale), non potrà mai risolvere il problema spirituale dell'artista (il semplice atto creativo) il quale “deve fare sempre di necessità virtù”.

Claudio Parrini

IX/2014

Claudio Parrini (1963), networker, pittore. Vive tra l'Umbria e Milano.

Inizia ad occuparsi di Rete nei primi anni Novanta con Dada e StranoNetwork, e poi insieme a vari gruppi: UnDo.Net, Quinta Parete e XS2WEB, ha realizzato negli anni progetti su internet e laboratori, (con Ferry Byte ha pubblicato “motori di ricerca nel caos della Rete” per i tipi della , ShaKe Ed. Milano, 2001); da solo dipinge e scrive.

(Foto: “Chi e più ricco?” 2014, di C. Parrini)

©Claudio Parrini Archive 2008-2014 All rights reserved

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